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Risultati di ricerca

20 risultati trovati con una ricerca vuota

  • sfarzo di fallo

    cammino nel dolore agreste con passo urbano, di acqua e di fango il respiro gonfia le distanze, le sirene allarmano il saccheggio non c'è sfarzo nel vento che fugge lo scavalco è opera di bambino, come un contadino conosce le temperature l'accusa è nella bocca: fendenti e montanti a guisa di offesa reagiscono per la resa. sotto quale coperta è presente la grazia della dignità? si è chiesto la croce che non ha più trovato il cristo nel sangue degli altri. si è schiodato è scivolato via come un foulard nessun palmo lo trattiene nessun amore lo inchioda risponde l'ombra supina alla luce. è un fallo bell’e buono! gridano dal loggione. sicché l'autodeterminazione è una desolante torre di parole spurie nel labirinto umano. accadeva anche questo durante il precipitare del tempo ovale, oltre la direzione dei camminanti, un tempo gli scannati brillavano a piedi nudi pigiando uva senza sfarzo né fallo

  • i ragazzi

    chi sono i ragazzi che hanno molestato la ragazza di casoria? che volto avranno i prossimi che oltrepasseranno tale limite? che volto avrà la vittima? è difficile pescare nella testa le parole appropriate, darsi da fare come singoli, prima che come comunità educante presuppone un pensiero. qual è oggi il pensiero che ha l’adulto nei confronti dell’infanzia e l'adolescenza? oltre ad essere ripiegato nella sua torre-celletta di adulto-centrico? da tempo una certa sociologia è persa a bearsi nei meandri della metodologia adottata e nelle tecniche della ricerca sociale senza mai giungere in prossimità di un obiettivo reale ed efficace, sempre a caccia di risultato. la psicologia nemmeno a parlarne con l’idea fissa dell’anafettività, con l'idea di aggiustare gli adulti è perennemente in bilico tra congetture e rappresentazioni. la scuola colma di procedure, funzioni, ruoli, strumenti e nuove prassi si difende nella sua composizione granitica e tende al merito, cancellando ogni giorno anche l'ipotesi di célestin freinet, di maria montessori e mario lodi... tra un pon e un puffo... calpesta la coscientizzazione di paulo freire, sputando definitivamente su la pedagogia non direttiva di alexander neill con le sue consulenze, bandi. sembra voler negare il piacere di conoscere, di appassionare e appassionarsi. quante cose abbiamo nella testa? quante domande abbiamo sulla pelle? quando è stato l'ultima volta che abbiamo cercato centrato gli occhi di un adolescente? ciononostante cesare moreno educatore, formatore e maestro di strada continua a calzare soltanto sandali, non perché la scuola è brutta ma perché manca l'ordinario , forse manca una politica economica della scuola, della cultura e del tempo libero, manca una visione di una scuola collettiva che educhi ad esplicitare la richiesta, una scuola dei legami. manca una visione concreta che vada oltre le previsioni, le proiezioni. è arduo rintracciare le cause di questa violenza, senza cadere a precipizio nella colpevolizzazione di massa, ma bisogna attrezzarsi, bisogna conoscere la struttura emotiva e sociale delle nostre relazioni, il clima che si sviluppa attorno ad esse, i colori. bisogna sapere accettare i diversi punti di vista, comprenderne la sostanza che mettiamo dentro le nostre case. liberarci dai costrutti. per non chiederci ancora: chi sono quei ragazzi? di ragazzi ne ho conosciuti e tuttora li incontro nei laboratori. nelle aule scolastiche. in strada! non è mai facile incontrare l’altro, predisporsi all'informe, offrirsi al dialogo è faticoso. eppure, è l'unica possibilità per stare bene nella scelta di restare. tuttora trascorro molto tempo con loro hanno voci spacca udito, altre volte sono afoni, con occhi che feriscono. altre volte hanno corpi e gesti meccanizzati che non posso non chiedermi cosa farebbe augusto boal? quale gioco-esercizio proporrebbe per demeccanizzare la loro condizione di sofferenza in possibilità? bisogna fare i conti con la dimensione politica dell'educazione e smetterla di rincorrere a fase alterne i superoi del pensiero. ognuno esiste e co-esiste, nonostante se stesso, oltre il quartiere, oltre una mamma che un attimo fa ha dovuto abbandonare i profumi di un’adolescenza per diventare precocemente madre. oltre un padre impaurito, oltre una storia mai qualunque, oltre l'insignificanza. oltre un dolore mai visto, non trattato, non curato, oltre una solitudine non ascoltata. sono soltanto alcuni dei mandanti di questo tempo oppressore e omicida.

  • non

    non è stato un reato gioire non è stato un vino a far ballare gli specchi non ce l'ha messo la madre quel sorriso su gli occhi ci sono anche pochissime probabilità che esista stamattina mentre sedeva davanti al caffè ha sorriso guardando le foto attaccate al muro nel passato ha disperso libri, chiavi, semi, malinconia non si è accompagnato di rabbia il suo pasto non sempre ha conosciuto il nome di chi ha abbracciato ha rinforzato i piedi ha sentito il cuore non è di tristezza la trama dell'avvenire l'altro ieri ha brindato ai nomi assenti

  • buongiorno

    ognuno sta come vuole stare con le cose del peccato o del reato gioire o appassire recriminare o fuggire ognuno sta come vuole stare non ci sono tentazioni né infingimenti dissoluzione o assoluzione ognuno sta ed è subito luce

  • la sedia

    accesa è la brace i piedi nell'alcol dalla sedia vedo immagini m'introduco dagli interstizi cadono tizzoni infuocati mani operaie tengono pietre carsiche sul loggione lazzaro riposa tra le fiamme in piedi schiumati i resti della memoria scivolano corpi come graffi in un rovaio di fiamme compagne danza il silenzio

  • accade

    accadde nell'intelletto come nel letto di ritrovarsi chiodo succede di incontrare primula e ritrovarsi punessa accade di risvegliarsi sotto lo stesso tetto sopra l'uguale scendiletto di venire in amore accade nel frastuono di ciotole sbeccate con bicchieri consumati di bastare come di restare a grappolo di fiati i corpi incauti accade amore

  • è permesso

    mi presento sono un artigiano con le mani scandisco il tempo materico nel tempo creativo l'incavo poggiato a mestiere riflette nel polso: taglio legni e ne faccio ciondoli collane o giocattoli taglio metalli e ne faccio anelli taglio la pelle e ne faccio borse maschere e tamburi trito la carta e ne faccio lampade quando le mani sono sporche i calli mi premono mi carezzo con creme e saponi che ho creato prima dell'assurdo sono un artigiano è mio il mestiere a dare forma ai sogni anche quando il sudore mi riga la faccia il sole la secca anche quando il freddo mi taglia le braccia le mani si muovono per affermare bellezza sono sempre qua nella città che oscilla da sempre tra medea e antigone ho resistito alla miseria al gelo di santa chiara alle lobby ai capobastoni alle serate vuote alla piccineria. mi mancava l'assurdo: #piazzadantemarket2019 #fieranatalizia dicono che sono l'altra metà dell'arte sarà...

  • ritrovamenti

    ritrovo un vecchio corsivo su fogli ingialliti appunti e punti di domande ritrovo fiato, foto, luoghi ritrovo il ciliegio l'olivo ancora da artigianare che posto ho assegnato all'altro nella relazione dei piedi? mi domando resto in silenzio secca è la stanza mi verso un bianco per entrambi ritrovo strade piacere potenza sotto la pianta del piede

  • c'è

    c'è guerra sotto il cappello nel battesimo ricevuto nelle tasche nelle vasche tra i peacekeeper nell’assenza del gioire inarrestabile avanza il pensiero di guerra c'è guerra nel mare che non piange mai nelle gore secche oggi si sente rumore di guerra tra gli scontrini accartocciati in cucina sulle pareti e nel soffio dell'impazienza nell'attesa che passi un notturno c'è stizza non perseveranza c'è guerra in ogni posto come un avamposto eppure c'è ossigeno nel tuo guardare c'è vita nel tuo sognare

  • icaro

    oggi il gallo spezza il canto oggi il danno germoglia il prato oggi il vento asciuga il palmo che nega il pane oggi il tavolo riscuote il danno chi ha mangiato sarà mangiato sei merlo o piccione cherubino o giacobino oggi si mostra il dedalo si pratica il canto offesa la faccia che ricuce la luce nel cambio di stagione la pentola soffrigge il sangue icaro turbante attraente nel dedalo impetuoso sta

  • dimentico

    la lentezza di un pachiderma la voracità di un appetito la sospensione in una nota la vestizione di una paura le ho viste guardare il passo deciso della luna il tuono dentro il silenzio il degrado che arma l'offesa il gracchiare dentro il pomeriggio la soluzione le ho viste passare nelle ferite spese nelle finestre amore sottopeso sulle parole accenti di offesa le ho sentite urlare

  • contromano

    dice verità: chi? risponde domanda la tromba è seduta in custodia gli fa compagnia la polvere la voce è assente spiffera la rugosità di una tonalità anarchica l’assenza di una presenza ricorda mia nonna nella controra bambini spruzzarsi acqua diffusi i sorrisi chiede silenzio: a che punto è l’armonia dei fiati? il cuore pompa la polpa un battito non ancora battuto batte forte a perdifiato corre sull'ovale prato di granturco nello stupore dell'arco l'attesa si srotola il pettirosso è ferito tratteggia l’ascesa sussurra: a luta continua l’assolo dell’ottone permane nei campi della mente daccapo

  • vorrei

    vorrei avere quindici anni mi basterebbero otto vorrei averne novanta ho gli anni che indosso che incontro che rincorro che ho liberato processati protestati incatramati anni pronunciati da un picchio disseminati dissennati dissidenti su tronchi dispersi ritrovo in una sigaretta fumata a metà l’interezza di un attimo in una stretta di un amico la potenza della fraternità in una donna che ti sceglie l'accrescimento in un bimbo che sorride l'abito rifinito della felicità

  • papà si è rotto il giocattolo

    l’uomo cammina nella casa, sa dove mettere le mani, con i suoi quattro sensi a disposizione. avanza in cucina, dal mobile sopra il lavello prende un bicchiere. è davanti al frigorifero lo apre, afferra una bottiglia con la quale riempie il vetro, poi ripone la bottiglia nel vano e con gesto rapido poggia il bicchiere sul tavolo, poi apre il secondo cassetto alla sua destra, acciuffa un sacchetto di plastica nel quale spalanca tutta la sua mano, portando fuori tre biscotti, pone il tutto su un piatto che ricava dal mobile sopra il lavello e si dirige nella stanza accanto, dove sua figlia gioca, il passo pesante dell’uomo non disturba la bambina, che continua a giocare. l’uomo si ferma davanti la cesta dei giocattoli, ponendo su un tavolino di vimini il piatto con la merenda. “papà si è rotto il giocattolo”, la voce della figlia interrompe il silenzio. il padre che gli è accanto si accorge che un liquido le cola dalle mani. “cos'è?” chiede. “non lo so”, risponde la bambina. il padre con la mano aperta le tratteggia prima il contorno della spalla, poi le prende la mano che s’intreccia con la sua, quasi a fare una pergola. “cosa sono questi pezzi?” chiede. la bambina si guarda prima il pollice poi l’anulare, volge lo sguardo al padre: “non lo so”, risponde. il padre si aiuta con il braccio della figlia, si siede come gli antichi egizi, formando con il capo un triangolo, la sua mano è ancora nella mano di lei. anche la voce ha lo stesso timbro di prima: "cosa sono queste due palline?”, chiede. la bambina si allontana di un palmo, guarda i due piccoli globi, poi aggrotta le sopracciglia: “non lo so”, risponde. il padre avverte nella voce di sua figlia un’agitazione che non gli piace, lo preoccupa. si ravvicina e con le mani prova a rassicurarla scorrendo con le dita lungo il dorso, provando ad allentare l’incavo delle mani. i palmi sono ricurvi e stringono qualcosa che non è facile comprendere al tatto, concentra le carezze al dorso che sente schiudersi lentamente. la bambina si tinge di rosso come un pomodoro san marzano. “a che ora passa zia camomilla?”, chiede. il padre si stira la schiena, “è presto, ma dimmi c’è qualcosa che ti turba?”, chiede. “non lo so, ho solo voglia di zia camomilla!”, risponde sicura. “a quest’ora?”, chiede, di nuovo, il padre. “uffa, me la merito”, risponde. “aspettiamo mamma”, suggerisce il padre. “no, la voglio adesso, me la merito”, rafforza la bambina. “e cosa avresti fatto di tanto speciale per meritartela a quest’ora?” il padre scherza. la bambina tace. “chissà perché mamma tarda ad arrivare?” si chiede il padre. non lo da a capire, ma è in pensiero per la moglie. la bambina dà uno schiaffo a palmo aperto sulla mattonella che risuona nella stanza e nei nervi già tesi del padre. “papà si è rotto il giocattolo.”, dice tutto di un fiato, di nuovo la bambina. il padre fa un balzo in avanti: “quale giocattolo?”, chiede. “quello…”, risponde la bambina. il padre fa un lungo respiro come per allontanare un presentimento, avvicina la cesta dei giocattoli e inizia a toccarli uno a uno, per capire quale pezzo di stoffa, legno o plastica abbia procurato questo nervosismo alla bambina. “questo?”, chiede, porgendole un orsacchiotto. la bambina non risponde, il padre continua a toccare con il palmo della mano ogni giocattolo e chincaglieria venga fuori dalla cesta. “stai tranquilla lo cureremo, e tornerà come era prima, ma devi aiutami a trovarlo”. “è una bugia”, ammonisce la bambina. il padre è disorientato conosce quella voce strozzata. lascia cadere la stanza delle winx e con la mano cerca gli occhi di sua figlia. “calmati e dimmi è quello che ti abbiamo regalato questa estate con la piscina e lo scivolo, che non volevi mai mettere a posto?”, chiede. “no, è quello che metteva a posto tutti gli altri”, imbullona la bambina.

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